Eravamo suono, di Matteo Corradini, Lapis edizioni, 2024
Vincitore del Premio “la Magna Capitana” 4 edizione, per la categoria 12 +
Il libro
Noi siamo il gruppo musicale femminile del campo, la Frauenlagerkapelle, quella che chiamiamo più semplicemente “l’orchestrina”. Veniamo da posti diversi, parliamo lingue diverse, siamo musiciste costrette a suonare perché la nostra capo blocco, spietata e assassina, vuole fare bella figura con i suoi superiori.
Eravamo suono descrive lo strazio e la ferocia della Shoah dall’interno, ma attraverso uno spiraglio di luce e di vita. In queste pagine vengono raccontate le storie vere di otto donne musiciste, che con una forza e un coraggio inimmaginabili e grazie a una specie di incantesimo che evidentemente solo chi suona può creare, sopravvivono allo sterminio del campo di concentramento proprio grazie alla musica.
Una conchiglia la trovi passeggiando sulla spiaggia ed è bellissima, perfetta. Ma non devi lasciarti incantare: quella conchiglia, il suo guscio, la sua protezione, la sua casa, l’ha costruita un essere vivente. Ora quell’essere non esiste più, e ciò che tieni tra le mani è quanto ne rimane. Una conchiglia è cosa resta della vita.
Alma
Il musicista appare, agli occhi di chi non suona, quasi come un privilegiato, un eletto. Uno che non ha paura di perdersi né di morire. Saper suonare, in un’immagine visionaria, è come avere uno strato di pelle in più, qualcosa che la gente comune non conosce, e non ha. È una specie di porta taglia-fuoco che scherma le brutture del mondo, la violenza degli altri e la propria fragilità. Non che non esistano più, ma le taglia fuori. È un mantello che protegge dalla solitudine, dall’ozio, dalle male lingue, dal vuoto esistenziale, dalla debolezza del corpo e della mente, e dal mal di vivere.
Se anche fosse vero, però, tutto questo sarebbe niente in confronto a quel che accadde nei campi di concentramento.
Non so cosa abbia fatto, quella ragazza, ma poco importa. Magari non ha fatto nulla e i nazisti hanno deciso comunque così, l’hanno costretta a inginocchiarsi in mezzo al cortile, le hanno dato due mattoni, uno per ogni mano, le hanno ordinato di tenerli sollevati e stretti. E le hanno detto di cantare.
Quando un nazista dice qualcosa è sempre un ordine. E lei, con la sua camiciona a strisce verticali, canta. Canta con una bella voce, singhiozzando e tossendo per la posizione, con le ginocchia a terra e le braccia verso l’alto a tenere due mattoni pesanti.
La ragazza canta, i nazisti ridono. La sua voce arriva fino a me. Sento di essere la sua unica spettatrice: nessuno l’ascolta veramente, le guardie sono lì intorno solo per umiliarla, gli altri prigionieri sopravvivono ciascuno a modo proprio, e io qua, a fingere che il leggio sia ancora da sistemare pur di darle retta. Lei lo capisce. Mi guarda. Solleva i mattoni sopra la testa e non smette di cantare.
Claire
In questo romanzo la musica si fa largo a spallate nell’orrore e diventa un super potere, una super fiducia nella vita, una super voglia di farcela, anche se la vita, intorno e fuori, non c’è più.

Quando la musica salva la vita
Il 20 luglio del 1943 arrivai nel lager, avevo trentasei anni.
In quel letto dell’infermeria di Auschiwitz mi sentivo così: ero una conchiglia, ero solo un guscio della mia storia passata. Ma quando l’ufficiale nazista pronunciò le parole “musica” e “orchestra”, quando vennero a prendermi, quando mi fecero camminare fino a Birkenau, quando incontrai quell’assassina di Maria Mandl, che con me sembrava diversa, non so come dire, premurosa, e mi spiegarono che avrei diretto altre musiciste nel lager, e che avrei potuto suonare un violino, un violino vero, ho sentito che dentro la conchiglia qualcosa si muoveva. Non ero più svuotata, non ero più un guscio senza vita. Ero ancora io.
Alma
Come poteva farcela, la musica? Farcela a salvare la gente dalla furia dei nazisti, bestie impazzite scagliate contro chiunque: bambini, donne, ragazze e ragazzi giovanissimi, uomini, anziani. Eppure in minima parte, una goccia nell’oceano, la musica, laggiù ad Auschiwitz, proprio a questo servì. A salvare una manciata di vite.
Ad agosto faceva caldo e noi ragazze stavamo insieme nell’orchestra già da quattro mesi. A volte facevamo anche le cosiddette “notturne”, quando gli ufficiali decidevano all’ultimo momento di volere un po’ di musica nel loro edificio; ci preparavamo in fretta e furia.
Zippi
Siamo grati alle sopravvissute a ai sopravvissuti perché senza le loro testimonianze difficilmente avremmo davvero saputo come sono andate le cose.
L’orchestra femminile di Birkenau è una conchiglia sulla spiaggia. Puoi chinarti a raccoglierla. Portarla all’orecchio. Ascoltarla.
Succede oggi
Abbiamo creduto che un punto così basso non si sarebbe ripetuto mai più nella storia. Ma l’umanità è molto poco umana e ha la memoria assai corta. Così assistiamo impotenti e incapaci a uno sterminio altrettanto feroce e ingiusto a danno della popolazione palestinese, soprattutto dei suoi bambini che è forse il dato che più ci colpisce, e di tutti quei popoli che sono oggi invasi e in guerra. Decine di migliaia di civili colpiti e uccisi. Bambini mutilati, sfregiati a vita, orfani. Oppure morti. La storia e la cultura di paesi interi cancellate.
Che la conoscenza della storia, quella presente quanto e più di quella passata, e la lettura di libri rigorosi e necessari come Eravamo suono, e la celebrazione, ogni hanno, del Giorno della Memoria, servano non solo a mettere a fuoco quel che di orribile è stato, ma a riflettere attivamente e sin da piccoli su quanto non sarebbe dovuto accadere mai più e invece succede. Succede oggi. Che riflettere su questi temi diventi un’azione imprescindibile, che ognuno faccia quel poco, pochissimo che può, che questo nostro scabroso presente rientri nei programmi didattici e nelle materie di studio di ogni scuola, di ogni paese, per ogni età. Che insieme a “ricordare” e a “celebrare” ci si adoperi per capire, per sapere cosa sta succedendo nel mondo. Sperando che a vincere, come in certe storie che raccontiamo ai più piccoli, a un certo punto sia solo e soltanto il bene, che è poi la Pace.

I Premi
Eravamo suono di Matteo Corradini è vincitore del Premio Speciale della Giuria Premio Andersen 2024.
Per una scrittura alta e trasversale, originale prova di letteratura di memoria; un’opera corale che non cavalca il mercato, che non riduce vite intere alla sola cifra di superstiti ma restituisce con coraggio, senza retorica e con grande abilità narrativa la vita di esseri umani nella loro pienezza.
Premio Andersen
Il romanzo ha appena vinto il Premio letterario per ragazzi “la Magna Capitana” della Regione Puglia, alla sua quarta edizione, per la categoria 12+. Ha infatti raccolto il numero maggiore di preferenze dai ragazzi votanti. Gli altri romanzi che hanno concorso al premio, sempre per la categoria 12+, sono Minuti contati di Maria Beatrice Malessa (Edt, 2024) e Rimanere su sentiero, di Elisabetta Tosoni e Elisabetta Mitrovic (Topipittori, 2024).
In Biblioteca
Tutti i libri del Premio fanno parte delle collezioni della nostra Biblioteca dei Ragazzi e sono disponibili al prestito.